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Trump in Medio Oriente: la sua missione economica tra Arabia Saudita, Qatar e Emirati Arabi Uniti

Trump in Medio Oriente: la sua missione economica tra Arabia Saudita, Qatar e Emirati Arabi Uniti

Trump in Medio Oriente: la sua missione economica tra Arabia Saudita, Qatar e Emirati Arabi Uniti

Il presidente americano Donald Trump inizia il suo secondo mandato con un viaggio significativo nel Golfo, ricco di opportunità economiche e commerciali. Partito da Washington, Trump si dirige verso l’Arabia Saudita, con tappe successive in Qatar e Emirati Arabi Uniti. Questa volta, sorprendentemente, si omette Israele, tradizionale partner e alleato strategico nella regione, suscitando preoccupazioni tra i vertici israeliani.

Le relazioni tese con Israele

La mancanza di una sosta in Israele ha aperto uno spiraglio di tensione, soprattutto per il premier Benjamin Netanyahu, che ha sempre espresso una forte amicizia con Trump. Recentemente, i rapporti tra i due leader hanno subito delle crepe a causa dei negoziati americani con l’Iran sul programma nucleare e delle discussioni con i ribelli yemeniti Houthi. Questi eventi, avvenuti senza consultare Israele, hanno colpito Netanyahu, portando a critiche dalla sua cerchia ristretta nei confronti dell’amministrazione Trump.

Media come Fox News e Channel 13 in Israele hanno evidenziato come Netanyahu venga visto come un ‘ostacolo’ per le iniziative diplomatiche di Trump, che mirano a una distensione nella regione. Anche se ufficialmente smentite, le preoccupazioni nel cerchio di Netanyahu sono palpabili, accentuate dalla decisione del segretario alla Difesa, Pete Hegseth, di annullare la prevista visita in Israele per accompagnare Trump nel Golfo.

Focus economico della visita

Il viaggio di Trump è delineato da un forte interesse per la dimensione economica. Secondo quanto riportato dal Washington Post, la sicurezza non sarà al centro dei colloqui, ma piuttosto il presidente intende concentrarsi su accordi commerciali e investimenti. Questa mossa è strategica, poiché mira a rafforzare la sua posizione politica negli Stati Uniti, dove cresce il malcontento per la sua politica commerciale.

Già nel 2017, Trump scelse l’Arabia Saudita come prima tappa estera. Tuttavia, in quel caso, proseguì il viaggio verso Israele e l’Europa. Il nuovo itinerario segue gli spostamenti recenti del figlio Eric Trump, che ha visitato il Golfo per stringere accordi commerciali, inclusi progetti immobiliari a Dubai e Doha. Riad, in particolare, ha voglia di attrarre investimenti statunitensi, promettendo a Trump una partecipazione economica da 600 miliardi di dollari.

Gli incontri in programma

Tra i punti salienti della visita ci sarà una riunione del Consiglio di Cooperazione del Golfo e un forum business Arabia Saudita-Usa. Parteciparanno leader aziendali di spicco come Larry Fink di BlackRock, Jane Fraser di Citigroup e Arvind Krishna di IBM. Nonostante l’accento sugli affari, i leader del Golfo porranno domande cruciale sulla sicurezza, in particolare per quanto riguarda i conflitti in Gaza e il programma nucleare iraniano.

Le speranze di Riad includono una maggiore assistenza americana per il proprio programma nucleare civile e collaborazioni più profonde nel settore della difesa. Mentre Israele si oppone fermamente al nucleare iraniano, all’interno dell’amministrazione Trump si discute sulla possibilità di accettare un programma nucleare iraniano con limitazioni.

Il futuro del dialogo regionale

Un argomento delicato rimane anche la situazione in Siria, dove il presidente ad interim, Ahmad al-Sharaa, ha cercato di avvicinarsi a Trump, affrontando temi come gli investimenti americani nel petrolio siriano. Nonostante l’intenzione di al-Sharaa di rinegoziare le sanzioni, la realtà politica rimane frammentata e un incontro diretto con Trump è improbabile.

Questa missione di Trump nel Golfo rappresenta non solo un tentativo di rinsaldare relazioni economiche, ma anche una risposta alle tensioni regionali crescenti. Per quanto riguarda gli alleati del Golfo, le promesse commerciali devono essere accompagnate da un impegno fermo per la stabilità della regione, in un momento critico per la geopolitica mediorientale.

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