Ragazzi europei e preservativi: il calo preoccupante nell’uso della contraccezione
Il recente rapporto dell’Ufficio Regionale per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha sollevato un campanello d’allarme riguardo ai comportamenti sessuali a rischio tra i giovani. Le statistiche mostrano un preoccupante calo nell’uso dei preservativi tra gli adolescenti, richiedendo un’intervento educativo immediato per garantire la salute e la sicurezza delle nuove generazioni.
Riduzione dell’uso del preservativo
I dati, raccolti attraverso interviste con oltre 242mila ragazzi di quindici anni in 42 Stati diversi, indicano che solo il 60% degli adolescenti ha dichiarato di utilizzare il preservativo durante gli ultimi rapporti. Rispetto a dieci anni fa, questa percentuale è diminuita significativamente: il tasso di utilizzo è sceso dal 70%% al 61%% tra i ragazzi e dal 63%% al 57%% tra le ragazze.
Questa diminuzione non coinvolge solo l’uso della contraccezione, ma è anche più evidente tra i giovani provenienti da famiglie a basso reddito, dove si segnala una maggiore probabilità di non utilizzare mezzi protettivi (33% contro il 25% dei coetanei più abbienti).
Le conseguenze alla salute
Secondo Piero Stettini, psicoterapeuta e sessuologo clinico, questo calo nell’uso della contraccezione rappresenta un quadro inquietante. Si stima che i 17enni utilizzino il preservativo in percentuali ancor più basse rispetto ai 15enni. Nonostante un lieve aumento nell’uso della pillola contraccettiva, che rimane sotto il 15%% in Italia, essa non protegge dalle infezioni sessualmente trasmissibili (IST). Infatti, uno studio recente ha rivelato che ben 1 ragazzo su 5 crede erroneamente che la pillola offra questa protezione.
Il rapporto HBSC segnalizza anche un crescente ricorso al coito interrotto, praticato da quasi 6 ragazzi su 10, e all’uso della contraccezione di emergenza, con oltre un adolescente su dieci che ne fa uso nel periodo dell’adolescenza.
Un’assenza di intervento istituzionale
Purtroppo, nonostante queste evidenze allarmanti, le istituzioni sembrano restare inattive. Secondo Stettini, esistono poche e isolate eccezioni nel panorama nazionale. La mancanza di una legge e di linee guida nazionali per l’educazione sessuale implica che, a differenza di altri paesi europei, in Italia tale educazione non viene sistematicamente inserita nei programmi scolastici. Anni di iniziative, seppur valide, hanno visto un ridimensionamento per mancanza di fondi adeguati.
In Europa, il problema delle infezioni sessualmente trasmissibili è in crescita, e i dati del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) non promettono nulla di buono. In Italia, ad esempio, la gonorrea tra i giovani è aumentata di sei volte negli ultimi anni, mentre altri IST, come la clamidia e la sifilide, continuano a preoccupare.
La necessità di un’educazione sessuale efficace
La Giornata mondiale del benessere sessuale, che si celebra il 4 settembre, potrebbe rappresentare un’importante opportunità per rinnovare l’attenzione sulla prevenzione. Tuttavia, Stettini sottolinea che non basta limitarsi a slogan. È necessaria un’assunzione di responsabilità collettiva, da parte di cittadini, genitori, professionisti della salute, istituzioni e decisori politici. Investire seriamente e continuativamente in educazione alla salute sessuale dei giovani è fondamentale, in quanto questi ultimi da tempo chiedono a gran voce l’introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole.
Tra le iniziative recenti c’è il progetto EduForIST, finanziato dal Ministero della Salute, attivo in sei regioni italiane e diretto a studenti delle scuole secondarie. Questo progetto mira a promuovere conoscenze adeguate e atteggiamenti relazionali, contribuendo a una maggiore sicurezza e salute sessuale tra i giovani.
In conclusione, è imperativo che si corregga la rotta riguardo all’educazione sessuale in Italia, prima che le conseguenze di questa mancanza diventino irreversibili per le nuove generazioni.