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Il conflitto tra Cambogia e Thailandia si intensifica, estendendosi dalle zone di confine alle aree costiere, con un bilancio drammatico: almeno 33 morti e oltre 150.000 sfollati. Gli scontri, iniziati per una disputa territoriale legata a templi antichi, hanno raggiunto il Golfo di Thailandia, a 250 km dalle linee del fronte principali. Intanto, il presidente americano Donald Trump si è offerto come mediatore, spingendo per un cessate il fuoco immediato.
L’intervento di Trump e la minaccia dei dazi
In un tentativo di fermare l’escalation, Donald Trump ha rivelato di aver parlato con il leader cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese ad interim Phumtham Wechayachai, esortando entrambi a cercare la pace. “Dopo le discussioni, un cessate il fuoco sembra l’unica soluzione logica. Lo vedremo presto!”, ha scritto su Truth Social. Trump ha anche avvertito che gli Stati Uniti sospenderanno ogni accordo commerciale con i due Paesi finché i combattimenti non cesseranno, minacciando dazi elevati se non si giungerà a un accordo entro il 1° agosto.
Le origini della crisi e il bilancio umano
La tensione è esplosa attorno a templi antichi contesi da anni, per poi diffondersi nelle zone rurali di confine, dove colline e giungla si alternano a campi di gomma e riso. Il conflitto ha superato in gravità quello del 2008-2011: la Cambogia ha registrato 13 vittime (tra civili e militari), mentre la Thailandia conta 20 morti. Oltre ai caduti, più di 138.000 thailandesi e 35.000 cambogiani hanno abbandonato le loro case. L’ambasciatore cambogiano all’ONU, Chhea Keo, ha chiesto un cessate il fuoco incondizionato, ma sul campo le ostilità continuano.
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