Uccisione dell’orsa Amarena: richiesto processo per l’allevatore accusato di crudeltà
È un caso che ha suscitato grande indignazione e preoccupazione tra gli amanti della fauna selvatica: la richiesta di rinvio a giudizio per Andrea Leombruni, un allevatore di 58 anni di San Benedetto dei Marsi, è stata formalizzata dopo l’uccisione dell’orsa Amarena avvenuta la notte del 31 agosto scorso. L’accusa principale è quella di aver sparato fatalmente all’animale, ignorando la presenza dei suoi cuccioli, e ora dovrà affrontare un processo per crudeltà.
La decisione del Tribunale di Avezzano
Il Giudice per l’Udienza Preliminare (gup) del Tribunale di Avezzano, Daria Lombardi, ha convocato l’udienza preliminare per il 23 dicembre prossimo alle ore 9. La notifica della decisione è stata inviata al Pubblico Ministero Maurizio Maria Cerrato, che ha condotto le indagini, agli avvocati difensori Berardino Terra e Mario Guanciale, e a ben 36 parti offese, tra cui enti e persone fisiche.
I reati contestati all’allevatore
Le accuse contro Leombruni sono gravi e articolate. In primo luogo, è accusato di aver ucciso l’orsa Amarena attraverso un colpo di fucile caricato con munizioni artigianali progettate per arrecare il maggior danno possibile. L’atto è aggravato dal fatto che l’allevatore ha agito con crudeltà e senza alcuna giustificazione, mirato a eliminare l’animale madre anche in considerazione della vulnerabilità dei due cuccioli che stava accompagnando.
In aggiunta, si prospetta un secondo reato, quello di aver esploso un colpo di fucile all’interno della propria proprietà, creando un pericolo per la pubblica incolumità. Le modalità dell’azione, infatti, hanno messo a rischio la sicurezza dei cittadini, in quanto il colpo è stato sparato in direzione di aree pubbliche e abitate, ad altezza d’uomo.
Conseguenze e reazioni
La morte dell’orsa Amarena ha avuto un forte impatto non solo sulla comunità locale ma anche a livello nazionale. I risultati delle perizie confermano che l’orsa, al momento dello sparo, non rappresentava una minaccia. L’animale, madre di due cuccioli che per fortuna sono sopravvissuti, è morta a causa di un colpo al polmone esploso a distanza ravvicinata. Lasciando la comunità e le organizzazioni ambientaliste in uno stato di allerta, diverse associazioni si sono costituite parte civile. Tra queste, si segnalano il Parco Nazionale d’Abruzzo, il comune di San Benedetto dei Marsi, Michela Vittoria Brambilla per la Lega Italiana per la difesa degli animali, il WWF, l’Associazione Salviamo l’Orso Marsicano, la LAV, la Lipu e altre associazioni animaliste.
L’azione di denuncia contro l’allevatore non è solo un caso isolato, ma rappresenta una battaglia più ampia per la protezione degli animali e la tutela della fauna selvatica. In un momento in cui la conservazione della biodiversità è fondamentale, episodi come questo sollevano interrogativi sulla responsabilità e sul rispetto verso le specie che condividono il nostro territorio.
In attesa del processo, la comunità si prepara a seguire con attenzione l’evoluzione di questo caso, che potrebbe avere ripercussioni significative sulle leggi riguardanti la protezione degli animali in Italia.