Un onore che guarda al futuro. È con questa filosofia che Sergio Castellitto ha ritirato il Premio Stella della Mole al 43esimo Torino Film Festival, un riconoscimento che accoglie con gioia e umiltà, ma che considera soprattutto una spinta per il domani.
Sul red carpet del festival, l’attore romano ha espresso tutta la sua contentezza. “I premi sono sempre una cosa bella, bisogna accettarli con gioia e umiltà”, ha dichiarato Castellitto, sottolineando subito dopo una riflessione più profonda: “Poi bisogna meritarseli non per quello che hai fatto, ma per quello che farai”. Una visione che trasforma il premio da traguardo a punto di partenza.
Non ha mancato di elogiare la kermesse torinese, definendola “un festival importante, prestigioso e necessario”. Un appuntamento che, secondo la sua analisi, ha trovato in Giulio Base un motore di rilancio fondamentale: “Gli ha dato un rilancio anche di prestigio internazionale notevole”.
Cuore dell’incontro con la stampa è stato però il ritorno a teatro con ‘Zorro’. Castellitto svela un legame quasi spirituale con questo personaggio, descrivendolo come “una specie di fantasma, un fratello” con il quale convive da moltissimo tempo. La storia con Zorro affonda le sue radici nel passato: la prima volta che lo ha portato in scena con l’amatissima Margaret Mazzantini era 25 anni fa.
Il ritorno a quel copione è nato quasi per caso, nel periodo post-Covid, dal desiderio di tornare a calcare le assi del palcoscenico. Rileggendo quelle pagine, Castellitto ha avuto una rivelazione: “Ho capito quanto ancora oggi forse quella solitudine che quell’uomo racconta è ancora presente, forse ancora in maniera più drammatica”. È stata questa risonanza con il presente a dare nuova vita al progetto.
Il lavoro su ‘Zorro’ non si è però fermato alla semplice riproposizione. L’esperienza ha preso una piega nuova e più intima, come ha raccontato l’attore: “Nel corso delle repliche ci è venuta voglia di raccontare la vita del viandante e dell’attore”. Un’evoluzione naturale che unisce il personaggio al suo interprete, in un dialogo profondo che dura da un quarto di secolo.
