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Scrittori britannici temono l’IA: sostituirà la narrativa?

Scrittori britannici temono l'IA: sostituirà la narrativa?

L’ombra dell’intelligenza artificiale si allunga sul mondo della letteratura, suscitando un profondo senso di inquietudine tra gli scrittori. Un recente studio dell’Università di Cambridge, presentato al congresso “Arts and Humanities Research Council”, fotografa le paure e le percezioni degli autori britannici, rivelando un settore in bilico tra il timore della sostituzione e un cautissimo pragmatismo.

La ricerca, che ha coinvolto 258 romanzieri pubblicati e 74 addetti ai lavori, svela che più della metà (il 51%) crede che l’IA finirà per sostituire completamente il loro lavoro. L’ansia non è distribuita in modo uniforme: gli scrittori di narrativa di genere si sentono particolarmente sotto tiro. In testa ci sono gli autori di romanzi rosa, con il 66% che si definisce “estremamente minacciato”, seguiti da quelli di thriller (61%) e gialli (60%).

L’impatto economico non è una semplice ipotesi futura, ma una realtà per molti. Oltre un terzo (il 39%) degli intervistati ha già subito un duro colpo al proprio reddito a causa dell’IA generativa, spesso per la perdita di lavori freelance non creativi, come il copywriting. La prospettiva per il domani non è più rosea: la stragrande maggioranza, l’85%, prevede che i propri guadagni saranno ulteriormente ridotti dall’avanzata tecnologica.

Nonostante le preoccupazioni, il sentimento generale non è di cieca opposizione. Un significativo 80% degli scrittori concorda sul fatto che l’IA offra benefici in diversi settori. Questo approccio pragmatico si riflette nelle abitudini: un terzo (il 33%) dei romanzieri utilizza già l’IA nel proprio processo di scrittura, sebbene principalmente per attività “non creative” come la ricerca di informazioni o la verifica di fatti.

Tuttavia, quando si parla di creatività pura, il muro è quasi compatto. La stragrande maggioranza (97%) si è dichiarata “estremamente negativa” riguardo all’uso dell’IA per scrivere interi romanzi o anche solo brevi sezioni. La comunità letteraria solleva questioni urgenti su copyright e integrità culturale. Quasi due terzi (il 59%) degli scrittori sanno che il loro lavoro è stato utilizzato per addestrare i modelli linguistici (LLM) senza autorizzazione o pagamento.

Su questo punto, il mondo creativo ha le idee chiare: l’86% preferisce un principio di “opt-in”, dove gli autori concedono l’autorizzazione e vengono pagati prima che l’IA analizzi le loro opere. Questo si contrappone al modello “opt-out” proposto dal governo del Regno Unito, che concederebbe invece alle aziende di IA il diritto di analizzare i testi a meno che gli autori non facciano esplicita richiesta di esclusione.

Oltre alle questioni legali ed economiche, emerge un allarme più profondo, di natura culturale. Si teme che l’IA possa portare a una narrativa insipida e stereotipata, semplicemente riproponendo in modo sterile secoli di testi precedenti e rischiando di esacerbare pregiudizi e cliché. Molti mettono in guardia contro una potenziale perdita di originalità e la compromissione di quella “magia” fatta di “frizione” e “dolore” che è parte essenziale del processo creativo umano. Infine, aleggia il timore di una perdita di fiducia tra scrittori e lettori se l’uso dell’IA non viene reso pubblico e trasparente, al punto che alcuni editori starebbero già pianificando di apporre un timbro “senza intelligenza artificiale” sulle copertine dei libri.

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