Un carabiniere di 47 anni, in servizio in una caserma del Cesenate, è stato condannato a cinque anni di reclusione per i reati di concussione e violenza sessuale. La sentenza, emessa dal giudice per le udienze preliminari Elisabetta Giorgi, giunge al termine di un rito abbreviato. La vicenda, che ha per protagonista un militare fino a quel momento considerato incensurato e dalla carriera irreprensibile, scuote l’Arma e l’opinione pubblica per la gravità degli atti contestati.
Secondo la ricostruzione dei pubblici ministeri e, in seguito, dei giudici di primo grado, il militare avrebbe chiesto rapporti sessuali a una donna trentenne in cambio di un favore istituzionale. Nello specifico, avrebbe promesso di intervenire per una decurtazione di punti patente a carico di un familiare della donna e di bloccare ulteriori procedimenti contro il fratello di lei, già noto alle forze dell’ordine. I fatti, risalenti al 2023, si sarebbero consumati all’interno della stessa caserma dove la vittima era stata convocata.
La richiesta del pm e la sentenza
Il pubblico ministero Andrea Marchini aveva chiesto per l’imputato una pena di 7 anni e un mese di reclusione. La corte, pur condannando il carabiniere, ha quindi applicato una pena inferiore rispetto a quanto richiesto dall’accusa. L’uomo, presente in aula alla lettura del verdetto, è stato sospeso dal servizio sin dall’apertura delle indagini. Ora si attendono le motivazioni della sentenza che chiariranno nel dettaglio le valutazioni del giudice.
La difesa e l’annuncio dell’appello
La linea difensiva ha sempre negato fermamente ogni addebito, sostenendo che il rapporto intercorso fosse del tutto consenziente. I legali dell’imputato, gli avvocati Alessandro Pinzari e Piero Porciani, hanno annunciato ricorso in Appello, dichiarandosi “increduli” dopo la condanna. I difensori hanno inoltre fatto notare come la donna, negli ultimi mesi, abbia presentato altre denunce per presunte violenze, circostanza che – a loro dire – renderebbe fragile la sua attendibilità. Hanno ricordato che, pur essendo stata giudicata capace di intendere e volere, questo elemento solleverebbe dubbi sulla sua credibilità.
La vicenda rimette al centro temi delicati come l’abuso di potere e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. La condanna, sebbene soggetta a un possibile appello, segna un momento significativo nel percorso giudiziario di un caso che ha visto un rappresentante delle forze dell’ordine utilizzare il proprio ruolo per fini privati e illeciti.
