Una rivoluzione digitale sta scuotendo il Regno Unito. Il nuovo premier laburista, Keir Starmer, ha annunciato l’introduzione di una carta d’identità digitale, soprannominata ‘Brit Card‘, necessaria per trovare lavoro. La mossa, presentata come la soluzione per contrastare l’immigrazione illegale, ha immediatamente scatenato un acceso dibattito politico e sollevato forti preoccupazioni tra le associazioni per i diritti civili.
Cos’è la Brit Card e come funziona
A differenza di molti paesi europei, nel Regno Unito non esiste l’obbligo di un documento d’identità. La Brit Card rappresenta quindi un cambiamento epocale. Non si tratterà di un documento fisico, ma di un’app governativa da installare sul proprio smartphone. Questa applicazione conterrà i dati essenziali di un individuo e, secondo i piani del governo, sarà lo strumento principale per dimostrare la propria identità durante la ricerca di un impiego.
L’obiettivo dichiarato è colpire il lavoro nero e rendere più sicuri i confini. Starmer ha ammesso che il suo partito è stato in passato “riluttante” ad affrontare il tema dell’immigrazione, nonostante sia una delle priorità per gli elettori. Con questa misura, i laburisti sperano di ridurre l’attrazione del Regno Unito per quei migranti che, attraversando la Manica, sono attratti proprio dalla minore documentazione richiesta per lavorare.
Le reazioni del panorama politico
La proposta non ha convinto l’opposizione. Il Partito Conservatore e il Reform UK di Nigel Farage, che ha costruito il suo successo su una piattaforma anti-immigrazione, sono scettici. Kemi Badenoch, capo dei Tory, ha liquidato la Brit Card come un “espediente” che non fermerà le barche dei migranti. Anche Farage ha attaccato duramente il piano, definendolo sul Daily Express uno “stratagemma cinico” progettato per “ingannare” gli elettori e dare “più potere allo Stato per controllare il popolo britannico”.
Dal fronte dei Liberaldemocratici, la portavoce Victoria Collins ha espresso timori sulla privacy, sostenendo che i cittadini saranno “costretti a cedere i propri dati privati giusto per portare avanti le attività quotidiane”. Anche all’interno dello stesso governo, il ministro della Cultura Lisa Nandy ha sentito il bisogno di rassicurare l’opinione pubblica, affermando che il governo non intende “portare avanti un pasticcio distopico”.
Le preoccupazioni per i diritti civili
Oltre alle critiche politiche, l’annuncio di Starmer ha allarmato le associazioni per i diritti civili. Big Brother Watch, insieme ad altre sette organizzazioni, ha avvertito che la misura rischia di spingere i migranti non autorizzati “ancora più nell’ombra”, emarginando ulteriormente i gruppi sociali già svantaggiati. Il timore è che l’obbligo di un’identità digitale per lavorare possa creare nuove barriere e forme di esclusione.
Nonostante le polemiche, il consenso tra la popolazione sembra esserci. Un recente sondaggio di Ipsos rivela che il 57% dei britannici è ora a favore di un documento d’identità. Tuttavia, 1,6 milioni di cittadini hanno già firmato una petizione contro il progetto, che per questo dovrà essere oggetto di un dibattito in Parlamento. La sfida per Keir Starmer sarà quindi duplice: convincere la frangia più scettica del paese e gestire le divisioni politiche su una delle riforme più discusse del suo mandato.