Il panorama mediorientale è in attesa. Al centro di questa fase di stallo, i riflettori sono puntati sul piano di pace di Trump per Gaza, una proposta articolata in venti punti che ora aspetta una risposta definitiva da Hamas. Fonti vicine ai negoziati parlano di messaggi contraddittori provenienti dal gruppo, che alimentano un clima di incertezza nonostante il largo consenso internazionale che il piano sta raccogliendo.
Ad alimentare un cauto ottimismo è l’ampia convergenza dei paesi arabi, un fattore cruciale in qualsiasi trattativa per la regione. A questo si unisce il sostegno dell’Europa nella sua interezza, insieme a potenze globali come Russia, Cina e India. Questo fronte compatto rappresenta un elemento di pressione senza precedenti, ma la palla è ora nel campo di Hamas, la cui risposta appare ancora ondivaga.
Mentre il mondo osserva il Medio Oriente, sull’altro fronte l’America entra formalmente in “shutdown”. Si tratta della sospensione delle attività non essenziali del governo federale, un rituale politico dovuto allo stallo sull’approvazione del bilancio. Nonostante la potenziale instabilità, i mercati finanziari sembrano reagire con freddezza, forti anche dei guadagni record registrati a settembre.
Un altro mistero si aggiunge al complicato scenario della politica estera americana: la convocazione degli alti ufficiali militari nella base di Quantico. La riunione, voluta dal Segretario alla Difesa Hegseth, viene interpretata da molti osservatori come un ulteriore capitolo nella guerra alla “pancia dei generali” dichiarata dal capo del Pentagono. Un segnale di come l’amministrazione stia cercando di imprimere una nuova direzione alle forze armate, in un momento di delicatezza strategica estrema. La situazione resta quindi in evoluzione, con il piano per Gaza sospeso tra speranze internazionali e le intricate dinamiche della politica interna americana.